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...i Personaggi illustri

Mons.   Silvio   Cucinotta (1873-1928)
Silvio Cucinotta è nato il 13 marzo 1873 a Pace del Mela, allora frazione del Comune di Santa Lucia del Mela. Il padre aveva sognato per lui una brillante carriera: avrebbe voluto farne un ingegnere e per questo gli fece frequentare le scuole tecniche di Messina. Ma Silvio sentiva forte la vocazione alla vita sacerdotale, alla quale lo incoraggiava la mamma, una donna molto pia. Il giovane Cucinotta entra quindi nel Seminario Arcivescovile di Messina. Gli anni della formazione sacerdotale sono profondamente influenzati dalla figura e dall’insegnamento di Leone XIII (1878-1903) e soprattutto dalla sua enciclica “Rerum Novarum” (15 maggio 1891), il cui innovativo e per certi versi rivoluzionario messaggio costituirà la base dell’azione di don Silvio Cucinotta. Il 21 dicembre 1895 riceve l’ordinazione sacerdotale dalle mani dell’arcivescovo card. Giuseppe Guarino. E’ l’anno del primo convegno siciliano dell’Opera dei Congressi. Alle spalle c’è la fresca ferita dei Fasci dei Lavoratori (1892-94). La Chiesa avverte un forte bisogno di sacerdoti preparati e illuminati per contrastare l’azione dei socialisti. Don Silvio viene inviato a Roma, al Pontificio Istituto Leoniano, per perfezionare i suoi studi.
Laureatosi in Lettere latine ed italiane nel dicembre del 1897, l’anno seguente Cucinotta rientra a Messina, chiamato dal nuovo arcivescovo ed archimandrita, mons. Letterio D’Arrigo, a insegnare letteratura italiana nel Seminario e a svolgere l’incarico di prefetto dei chierici esterni. In occasione dell’anno giubilare di fine secolo, l’arcivescovo, desideroso di incrementare la diffusione della buona stampa, gli affida la direzione dell’organo ufficiale della curia, che si presenta con una nuova testata (“Il Faro”) e una nuova impostazione. “Nostra causa è la religione e la civiltà” scriverà don Silvio nel primo articolo di fondo e di settimana in settimana non risparmierà durissimi attacchi ai socialisti e ai massoni. L’anno seguente Cucinotta fonda una rivista letteraria quindicinale, “L’Agave”, con lo scopo dichiarato di fornire “una lucida e ordinata sintesi del rinascimento dell’idea cristiana nella letteratura”. Il periodico avrà, come è stato scritto, “un anno di vita non ingloriosa”. Poi cesserà le pubblicazioni per problemi economici. Abbinando all’insegnamento e alle fatiche letterarie la sua passione sociale, don Silvio svolge intanto un’intensa opera divulgativa. Oltre a ricoprire la carica di segretario del Circolo democratico cristiano messinese, mette la sua avvincente capacità oratoria al servizio della causa cristiana. Le cronache del tempo ce lo mostrano infaticabile “propagandista” (come egli stesso si definiva) del messaggio papale con la parola e con la penna. Rimarrà memorabile la conferenza tenuta il 25 marzo 1900, nella sede del Comitato parrocchiale di Graniti, subito pubblicata col titolo Che cosa vogliamo?
Il 13 luglio 1902, per la solenne premiazione dell’anno scolastico, Cucinotta legge nell’Aula Magna del Seminario di Messina la conferenza Orizzonti nuovi, guadagnandosi l’elogio e l’abbraccio dell’arcivescovo. Tre mesi dopo, il 21 ottobre, licenzia per le stampe il volumetto Le vittime, ispirato alla nobile figura di don Davide Albertario. Lo stesso anno vede la luce anche un saggio critico su Domenico Morelli e l’arte cristiana. La sua lucidissima intelligenza gli fa immediatamente intravedere in Luigi Sturzo colui che sarà “il Veltro”, l’uomo chiamato dalla Provvidenza a guidare il rinnovamento della società e la liberazione delle classi oppresse. E lo scrive in una esplicita lettera aperta, pubblicata l’11 novembre 1902 sul quotidiano cattolico “Il Sole del Mezzogiorno” (1901-1904) di Palermo, alla cui nascita don Silvio ha dato anche il proprio contributo.
Intanto si preparano profondi cambiamenti ai vertici della Chiesa. Il 20 luglio 1903 muore Leone XIII, l’ispiratore dell’azione sociale dei cattolici. Dal conclave il 4 agosto uscirà eletto Pio X (1903-1914), che sarà un tenace oppositore delle idee moderniste. Gli oppositori di don Silvio, dentro e fuori la Chiesa, hanno buon gioco nell’attaccarlo. E la bufera arriva, improvvisa e inspiegabile, sul suo capo. Ai primi di agosto del 1904, mons. D’Arrigo, l’amato arcivescovo, gli toglie la direzione del periodico “Il Faro”, l’insegnamento in Seminario e infine gli proibisce di celebrare messa nelle chiese della diocesi di Messina obbligandolo a rientrare nella Prelatura di S. Lucia del Mela, retta all’epoca dall’amministratore apostolico mons. Francesco Certo. A questo punto viene fuori la salda e profonda formazione morale e sacerdotale del trentenne don Silvio, il quale, in piena e perfetta aderenza all’immagine di Cristo crocifisso, accetta la cocente umiliazione di essere additato al pubblico ludibrio del clero e dei laici. Profondamente convinto della giustezza della sua battaglia, ancorata alle parole del Vangelo e al magistero pontificio, Cucinotta si isola nel rifugio della natia Pace del Mela in attesa che passi la bufera devastatrice.
Chiamato dall’amico Mario Sturzo, andrà ad insegnare italiano nel Seminario di Piazza Armerina. Lì tenterà di riprendere il suo impegno per l’elevazione morale ed economica delle classi umili. Il 15 maggio 1905, anniversario della Rerum Novarum, festeggia la “Carta del Lavoro” nelle campagne di Mazzarino e fa una magnifica rievocazione dell’enciclica leonina. Ma di fronte al sorgere di nuove incomprensioni e contrasti, Cucinotta, scottato dall’esperienza di Messina, si rifugerà nella poesia, coltivata sin dagli anni giovanili e la sua vena stillerà liriche di intenso spessore che vedranno la luce in delicati e graziosi libretti, oggi quasi introvabili, ma che allora suscitarono vasti consensi e lo fecero salutare come sicura promessa della poesia italiana : Le tenui (1906), Ballate francescane (1909), Le ballate di Sciacca (1909), Brume (1913). La poesia di Cucinotta è affine al Pascoli delle Myricae e allo Zanella dell’Astichello, con l’amorosa attenzione per le piccole cose e i deliziosi quadretti paesaggistici. Non mancano, poi, le acute riflessioni sul dolore.
Alla vigilia della Grande Guerra, nuovi cambiamenti si verificano oltre Tevere. Il 20 agosto 1914 muore Pio X. L’elezione al soglio pontificio di Benedetto XV (1914-1922), il papa che nel 1919 approverà la fondazione del Partito Popolare Italiano, servirà a riabilitare in qualche modo la figura di don Silvio Cucinotta. La nuova atmosfera, subito percepita dal sagace sacerdote pacese, rimette in moto la sua penna di apostolo sociale e lo spinge alla stesura del suo capolavoro, Su la soglia dell’atrio (1915), una sorta di programma pastorale per un nuovo parroco, dedicato a mons. Rinaldo Rousset, arcivescovo di Reggio Calabria, che negli anni della disgrazia gli aveva prontamente offerto la titolarità di una parrocchia.
Poi verrà la nomina a parroco della natia Pace del Mela, ambiente troppo ristretto per un ingegno della sua portata. Don Silvio si dedicherà in silenzio alla sua missione pastorale e girerà, alla ricerca di quiete, visitando svariati conventi francescani (un mondo che lo attirava intensamente). Nel 1926 andrà pellegrino anche a Lourdes e a Lisieux, in visita ai luoghi di S. Teresa, di cui era tanto devoto. Avrebbe voluto andare pellegrino in Palestina, ma non poté coronare questo pio desiderio. Le sue ultime fatiche saranno il bollettino Pax, fondato nel 1923 e scritto con pazienza ed amore per far giungere la sua voce a tutti i parrocchiani, e due volumi di contenuto storico: le vicende del santuario della Madonna della Neve e una biografia del Servo di Dio mons. Antonio Franco, Prelato di S. Lucia.
Il 4 agosto 1927, già infermo per i postumi di un’emorragia cerebrale, tiene a S. Lucia del Mela una dotta e documentata conferenza in occasione dell’inaugurazione del Seminario, rifatto a nuovo per volontà di mons. Salvatore Ballo Guercio. Nove mesi dopo, il primo maggio 1928, alle ore 20.45, un secondo attacco del male porrà fine alla sua travagliata esistenza a S. Lucia del Mela, nell’abitazione di un amico, in via Teatro.

Franco Biviano




Prof.   Amalfi   Nino
(in costruzione)

Dott.   Edmondo   de Giacomo (1891-1950)
Nato a Napoli il 4 giugno 1891, si trasferì in Sicilia nel 1927 per amministrare l'azienda agricola degli Avarna. Nell'agosto del 1932 fu nominato Commissario Prefettizio del Comune di Pace del Mela e successivamente gli venne conferita la carica di Podestà che mantenne fino alla fine del periodo fascista. Nel 1933 eliminò l'illuminazione a petrolio e introdusse la luce elettrica. Aveva pensato di dotare il paese di un macello, di due edifici scolastici, di un palazzo municipale e di estendere l'acquedotto alla frazione di Giammoro, ma gli eventi bellici non gli consentirono di andare oltre la fase di progettazione. Curò l'arredo urbano facendo collocare diverse piante di acacia nelle piazze e nelle vie pubbliche. Fece costruire un abbeveratoio nella via Gualtieri (oggi Via Marconi). Dispose l'esecuzione di diversi lavori pubblici per lenire la disoccupazione operaia (costruzione dei marciapiedi in Via Regina Margherita con innalzamento del fondo stradale, marciapiedi in Via Menaboi). Difese strenuamente gli interessi del Comune nella divisione patrimoniale e territoriale con S. Lucia del Mela. Nel 1935 portò a termine la separazione del catasto dei due Comuni. Dotò gli uffici comunali di una macchina per scrivere. Acquistò una bicicletta (Legnano Balloncina) per la guardia municipale. Dotò le scuole elementari di una radio rurale. Istituì la "Biblioteca del Fascio", con una dotazione iniziale di tredici volumi. Nel 1935 fece eseguire la prima numerazione civica. Diede impulso anche allo sport locale, sostenendo la prima squadra di calcio pacese, sorta nel 1938 Fu coadiuvato da validissimi Segretari Comunali: il rag. Antonino Cosentina fino al 30 ottobre 1935, il rag. Francesco Paolo Paratore fino al 30 novembre 1942 e poi il rag. Rosario Caltabiano, che resterà sino al 31 dicembre 1943. L'arrivo degli alleati pose automaticamente fine al suo incarico di podestà. Il 15 agosto, domenica, l'incaricato degli Alleati per i servizi civili, il colonnello americano Charles Poletti, prese possesso del municipio. Poi il 4 settembre giunse da Barcellona, dov'era la sede dell' AMGOT (il Governo Militare Alleato dei Territori Occupati), la nomina ufficiale a "sindaco" di don Gigi Lo Sciotto. De Giacomo morì a Messina il 10 novembre 1950, a soli 59 anni, per un attacco di angina pectoris. Il suo corpo riposa all'interno del "Recinto degli uomini illustri" nel cimitero di Poggioreale (quadratino occidentale, tomba Riegler, di fronte al monumento a Mariano Carelli).

Padre   Giovanni   Parisi (1897-1992)
Sacerdote del Terz’Ordine Regolare di San Francesco, autore di varie pubblicazioni di carattere agiografico e storico. Figlio di Antonino e di Sebastiana Merenda. Nacque nell’abitazione dei nonni paterni, nella via Pace Inferiore (oggi Via Regina Margherita, n. 40, il 21 gennaio 1897, alle ore 4,30 pomeridiane . Dal novembre 1898 all’ottobre 1909 abitò nella contrada Laino, assieme ai genitori che erano coloni di don Angelo Lo Sciotto. Dietro sollecitazione di padre Gaetano Chiapparone, il 12 ottobre 1909 entrò al Convento francescano di Calvaruso, da dove viene subito avviato, come probando, al Convento del Giglio di Sciacca. Nel 1910 passa a Napoli e da lì a Francavilla d’Ete per gli studi ginnasiali. Dal 1912 al 1914 compie il Noviziato a Sciacca, dove conosce il conterraneo don Silvio Cucinotta. Quindi viene inviato a Roma, al Convento di san Cosma, per completare gli studi ginnasiali presso i Maristi. Nel 1915, all’età di 18 anni, dovette interrompere gli studi perché, come tutti i suoi coetanei, fu chiamato a prestare servizio militare, inizialmente nel 6° Fanteria. Successivamente, dietro consiglio ed interessamento del maresciallo Giovanni Vaccarino, passò all’Arma dei Carabinieri e fu assegnato alla Caserma di Corleone. Da qui fu poi trasferito alla Legione Portanova di Palermo, dove il Vaccarino era capo ufficio. Potè così evitare la destinazione in zona di guerra. A Palermo, nel 1919, conseguì la licenza liceale e si iscrisse alla Facoltà di Lettere e Filosofia di quell’Università. Nel 1921 rientrò nel Convento e il 5.11.1922 pronunciò i voti solenni. Frequentò il Pontificio Ateneo “Angelicum”, dove conseguì la laurea in Filosofia, Teologia e Diritto Canonico. Il 5 luglio 1925, nella basilica dei Santi Cosma e Damiano, ricevette l’ordinazione sacerdotale dalle mani del Cardinale Vannutelli e subito fu nominato Priore di San Paolino, Maestro dei Novizi e Definitore della Provincia Siciliana. La terza domenica di luglio di quell’anno celebrò messa a Pace del Mela. Nel 1927 vide la luce la sua prima pubblicazione: “La prima dimora di San Paolo a Roma”. Il 20 settembre 1933, il Capitolo Generale dell’Ordine, celebrato a Calvaruso, lo destinò al Convento del Giglio a Sciacca, come Priore e Maestro dei Novizi. Il 22 maggio 1936 fu nominato, direttamente dal papa Pio XI, Ministro Generale dell’Ordine. Nel luglio 1947 il Capitolo Generale elesse Ministro generale padre Giovanni Boccella e padre Giovanni fece ritorno a Sciacca, dove fondò il nuovo collegio per i seminaristi, aprì il Santuario di S. Calogero e portò avanti per 11 anni la rivista culturale “Kronion”. Il 13 giugno 1955 fu nominato Maestro dell’Ordine. Il 14 ottobre 1959 si stabilì a Santa Lucia del Mela come titolare della parrocchia del Sacro Cuore, lasciata dai frati Maristi. Qui riceve le nomine di Cancelliere della Curia, di Delegato Vescovile, di Canonico della Cattedrale e di Vicario Generale della Prelatura. E' morto a S. Lucia del Mela il 25 maggio 1992. Riposa, per sua espressa volontà, nel cimitero di Pace del Mela. Il monumento funebre è stato realizzato da Biagio Governali.

Cap.   Angelo   Amendolia (1909-1955)
Ardimentoso eroe della seconda guerra mondiale. Nato a Pace del Mela il 16 dicembre 1909, prese parte alla guerra civile di Spagna. Sin dall’inizio del conflitto, come ufficiale in servizio su sommergibili, meritò diversi riconoscimenti (tre croci di guerra e una medaglia di bronzo) per azioni compiute nell’Oceano Atlantico. Imbarcato sul “Barbarigo” come tenente di vascello e ufficiale in seconda, il 20 maggio 1942 portò a compimento, assieme al capitano di corvetta Enzo Grossi, un’azione di guerra tra le più temerarie, affondando al largo delle coste brasiliane una corazzata americana della classe Maryland. Il 6 ottobre dello stesso anno, Grossi e Amendolia compiono un’altra audace impresa al largo delle coste dell’Africa Occidentale affondando una corazzata del tipo Mississippi.
Dopo l’armistizio dell’8 settembre 1943, Amendolia, per coerenza con la sua fede politica, scelse di continuare la guerra nelle file della Repubblica Sociale Italiana a fianco della Germania e contro la flotta anglo americana, affondando due caccia e un incrociatore.
Finita la guerra, passò al comando di unità mercantili. Colpito da grave malattia, morì il 29 gennaio 1955 a bordo della sua nave nelle acque dell’Oceano Indiano.

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